MODA/ Smi, export moda donna brucia 1 miliardo di euro nel primo semestre 2020

Milano, 25 settembre (L&F) - In linea con la filiera tessile-abbigliamento nel suo complesso (-24,2%), nel primo semestre del 2020 la moda donna vede le vendite estere in calo del -23,6%, l’import del -21,4%. Le vendite moda donna passano a circa 3,4 miliardi di euro, assicurando un saldo positivo di comparto per 1,3 miliardi. Rispetto al primo semestre del 2019 l’export brucia oltre un miliardo di euro, mentre il saldo perde 465,3 milioni. E' quanto emerge dal rapporto del Centro Studi di Confindustria Moda, in relazione alla 'Moda femminile italiana 2019-2020'. Focalizzando l’analisi sull’export, dopo un primo bimestre avviatosi favorevolmente (+1,8%), l’epidemia Covid-19 non ha certo risparmiato il womenswear. Il mese di marzo cede rispetto a marzo 2019 il -24,9%, ma è aprile a rivelarsi ben peggiore, perdendo il -73,3% su base tendenziale. In maggio il comparto si mantiene in area negativa, ma si fa strada un deciso rallentamento del tasso di caduta, che si traduce in un -47,4% sui livelli di maggio 2019; tale trend prosegue anche in giugno, mese che chiude contenendo la variazione al -14,1%.

Analizzando le performance per macro-area geografica, nel caso dell’export l’area intra-Ue registra mediamente una dinamica meno negativa (-19,5%) rispetto alle aree extra-Ue (-26,6%); di contro, nel caso dell’import il calo intra-comunitario, pari al -24,1%, supera quello extra-UE pari al -18,7%.

Guardando ai singoli mercati di destinazione della moda femminile italiana, nel Vecchio Continente la Francia perde il -18,0%, la Germania il -14,8%, il Regno Unito il -28,8%, la
Spagna il -19,9%, mentre la Svizzera, sempre più hub logistico anche in questo comparto, contiene il decremento al -2,8%. Passando al resto del Mondo, gli Usa cedono il -28,5%
portandosi a poco più di 250 milioni; la Russia, scivolata in nona posizione per valore di export, perde il -25,9%. Con riferimento all’Estremo Oriente, Hong Kong cede il -43,7%, la
Cina il -28,8%, il Giappone il -30,7% e solo la Corea del Sud contiene la flessione al -6%, performance “migliore” tra quelle accusate tra i primi 15 sbocchi del comparto (Svizzera
esclusa).

Passando all’analisi dei principali supplier, la Cina si conferma al primo posto; evidenziando, peraltro, una flessione migliore della media, pari al -11,1%, copre il 16,3% del totale importato a valore, in aumento dunque rispetto allo share del 14,5% archiviato nel gennaio-giugno 2019. Spagna, Francia e Bangladesh arretrano, invece, su tassi del -25,0/-26,0%. Le merci provenienti dalla Romania calano del -15,9%, dalla Germania del -22,7%. Paesi Bassi e Belgio, tradizionali ingressi per produzioni asiatiche, lasciano sul campo oltre il -30,0%. Disaggregando il dato per linea di prodotto, nel primo semestre del 2020 il fatturato estero presenta contrazioni negative di entità piuttosto simile, comprese tra il -20,0% e il
-30,0%. L’export di maglieria, infatti, flette del -20,8%, quello della confezione del -24,4%; perdite maggiori si registrano per camiceria (-26,6%) e infine per la pelle (-29,1%).Nel caso delle importazioni si registra un decremento del -19,7% per la confezione e del -21,0% per la maglieria; per camiceria e confezione in pelle, invece, la flessione supera il -30,0%.

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