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State of Fashion, crescita del 3-8% nel 2022 rispetto i livelli registrati nel 2019 (Bof e McKinsey)

Pressioni su supply chain la proncipale sfida

La ripresa dell’industria della moda a livello mondiale è attesa per il 2022, con vendite che supereranno del 3-8% i livelli registrati nel 2019; sarà più marcata in Cina e negli Stati Uniti, e più lenta in Europa. Le pressioni sulla supply chain restano la principale sfida. 

È quanto emerge dall’indagine annuale “The State of Fashion 2022”, pubblicata oggi da The Business of Fashion (BoF) e McKinsey & Company. L’analisi si basa su interviste esclusive e un sondaggio condotto tra oltre 220 manager d’azienda ed esperti di moda., tanto che il 67% delle aziende prevede di aumentare i prezzi il prossimo anno. La sostenibilità si conferma in cima alla lista delle priorità, con il 60% delle aziende che sta aumentando gli investimenti in soluzioni di riciclo a circuito chiuso per ridurre l’impatto ambientale. Il digitale rappresenta per il 32% degli intervistati la principale opportunità di crescita, seguita dalla sostenibilità (12%). 

A seguito dei devastanti effetti della pandemia, il 2022 sarà un anno fondamentale per la moda: le previsioni sono ottimistiche, con vendite globali che nel 2022 potrebbero superare del 3-8% i livelli del 2019, registrando un tasso di crescita più sostenuto di quanto previsto solo sei mesi fa. La velocità della ripresa sarà diversa a seconda delle aree geografiche, con Cina e Stati Uniti che traineranno la crescita economica, mentre in Europa la ripresa risulterà più lenta. In Cina, le vendite del settore moda hanno già raggiunto i livelli pre-Covid in tutti i segmenti, soprattutto nel lusso, le cui vendite potrebbero crescere del 70-90% rispetto al 2019 entro la fine del 2021. Il fatto che la distribuzione geografica degli utili si stia spostando verso est si evince anche dalla classifica stilata da McKinsey in cui figurano tre aziende cinesi tra i primi 20 “super winner” per capitalizzazione di mercato. Inoltre, il sentiment dei consumatori statunitensi ha intrapreso una traiettoria positiva, con il 43% che afferma di essere disposto ad aumentare la propria spesa di moda nel 2021. Nonostante un ritorno più lento ai livelli di vendita pre-pandemia in Europa, il 67% dei manager del settore si aspetta condizioni commerciali più favorevoli in questo mercato nel 2022 rispetto all'anno precedente.

I problemi relativi alla supply chain rappresentano la principale fonte di preoccupazione per l’industria, con l’87% dei manager intervistati che prevede un impatto negativo sui margini nel 2022 a causa delle interruzioni della catena di approvvigionamento. La combinazione di carenza di materie prime, colli di bottiglia nei trasporti e maggiori costi di spedizione farà gonfiare ulteriormente i costi di produzione e causerà squilibri tra domanda e offerta, provocando una crescita dei prezzi finali: il 67% dei manager intervistati si aspetta infatti di aumentare i prezzi retail nel 2022, con un incremento medio del 3%, mentre il 15% stima addirittura un rialzo dei prezzi di almeno il 10%.

I canali digitali sempre più sofisticati sono diventati cruciali per i brand di moda che cercano di raggiungere i consumatori più giovani: il “metaverso” offre opportunità di crescita in termini di bacino di utenti e di nuovi ricavi. Il social shopping sta inoltre registrando un’impennata dell’engagement da parte dei brand, tanto che il 37% dei manager intervistati ha citato il social commerce tra i primi tre temi destinati ad avere un impatto sul proprio business nel 2022. La sostenibilità, e in particolare la circolarità e il riciclo a circuito chiuso all’interno del sistema globale della moda, rappresentano un’altra area sulla quale le aziende concentreranno la loro attenzione nel 2022. Attualmente, stando a quanto emerge dai dati di Textile Exchange, meno del 10% del mercato tessile globale è composto da materiali riciclati. Saranno quindi necessari investimenti a livello di settore per portare a scala le tecnologie e i processi di riciclo a circuito chiuso, che potrebbero consentire alle aziende di ridurre il proprio impatto ambientale. Il 68% dei manager intervistati ritiene che la maturità delle soluzioni tecnologiche costituisca il principale requisito per consentire la “scalabilità” delle soluzioni di riciclo a circuito chiuso. Se da un lato il 60% ha affermato di aver investito o di voler investire nel riciclo a circuito chiuso l’anno prossimo, dall’altro ci sono ancora da compiere significativi passi in avanti affinché questa diventi una soluzione disponibile su vasta scala. Inoltre, il posizionamento dei brand riguardo al tema della sostenibilità costituisce un fattore fondamentale per attrarre e mantenere i talenti: i dipendenti oggi si aspettano che le aziende per cui lavorano riflettano i loro valori e abbiano un purpose definito. Quasi la metà (45%) dei dipendenti ritiene infatti che il purpose aziendale sia uno dei fattori più importanti nella valutazione di un potenziale datore di lavoro.

“Dopo quasi due anni di turbolenze, il settore della moda a livello globale è pronto a riprendersi; una prospettiva che dovrebbe ridare un po’ di sollievo al comparto. Tuttavia, le aziende dovranno affrontare importanti sfide relativamente alla supply chain, data la pressione esercitata dai maggiori costi e colli di bottiglia logistici che ricadrà sul consumatore sotto forma di prezzi più alti e forniture ritardate. Le aziende dovranno quindi rivedere i propri modelli di filiera per renderli il più possibile flessibili e resilienti”, ha affermato Imran Amed, fondatore e CEO di The Business of Fashion.
“Stiamo uscendo dalla peggiore crisi che il settore abbia mai affrontato. Le aziende che erodono valore hanno toccato nuovi minimi storici di performance: si stima che nel 2020 queste rappresentassero ben il 69% delle realtà quotate in borsa. E i profitti del settore continuano a concentrarsi nelle mani di pochi player. Per questo, quando si guarda al futuro in previsione di una normalizzazione, è ancora più importante per le aziende mantenere alta l’attenzione su alcuni temi prioritari: crescita e innovazione, controllo dei margini, flessibilità e resilienza, strategia improntata alla sostenibilità e al digitale”, ha aggiunto Emanuele Pedrotti, partner di McKinsey responsabile della practice Apparel, Fashion & Luxury per il Mediterraneo. “Sebbene la ripresa sarà più modesta in Europa, non dobbiamo dimenticare che 10 dei primi 20 super winner del settore moda e lusso hanno origini europee, quindi dal punto di vista dell’offerta il Vecchio Continente rimane una solida base e un motore creativo per l’intera industria”.

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