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"Non siamo pessimisti": Steven McCabe (Birmingham City University) e Massimiliano Marzo (Università di Bologna) rispondono alle previsioni di Roubini

"Per il solo fatto di aver previsto la crisi finanziaria del 2008 che ha così duramente impattato le economie capitalistiche mondiali, le dieci mega minacce elencate da Roubini devono essere prese molto seriamente". Ne è convinto Steven McCabe, professore della Birmingham City University e membro del Centre for Brexit Studies. Vero è anche che, secondo l’economista di origine irlandese, le conclusioni del "Dr Doom”, che portano ad un nefasto confluire di catastrofi economiche, finanziarie, politiche, tecnologiche ed ambientali a sopraffare ogni capacità di reazione, hanno indubbiamente un sapore molto pessimistico. In realtà andrebbe ricordato che a rafforzare l’idea di Roubini che “abbiamo davanti molti giorni neri”, o che comunque la svolta non è ancora dietro l’angolo, ci si sono messe anche le previsioni della direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgeva, che ai microfoni della CBS ha parlato di un terzo delle economie del mondo in recessione e di un 2023 più duro di quello che ci siamo lasciati alle spalle, perché a soffrire sono le tre grandi economie mondiali: Stati Uniti, Cina ed Europa. Tutte in contemporaneo rallentamento. 

 

IL RUOLO DELLA POLITICA

“Il livello del debito accumulato - ci spiega Mc Cabe - ha raggiunto livelli che molti considerano insostenibili. Uno degli aspetti che preoccupa maggiormente - e la Gran Bretagna se ne sta accorgendo in questi mesi di scioperi e disagi diffusi - è la difficoltà di finanziare il settore sanitario e di welfare in economie mature e società vecchie come le nostre. “La difficoltà oggi sta soprattutto nel continuare a garantire gli standard a cui eravamo abituati”. Ciò non toglie che l’analisi di Roubini, secondo il collega anglosassone, ha il merito di ricordare che, citando Nassim Nicholas Taleb, gli eventi in stile “cigno nero” non necessariamente poi verranno seguiti da una ripresa e da una immediata stabilità, come reazione. Ecco perché “la lezione da imparare è quella di essere sempre preparati”, conclude Mc Cabe auspicando che i leader politici di ogni latitudine  - “quelli che noi eleggiamo” - facciano il possibile per scongiurare conflitti mondiali e che il mondo capitalista di oggi, diretta emanazione del neoliberismo degli anni ’80, superi la colpevole incapacità di produrre una società equa, come auspicato e sognato dopo i due conflitti mondali. Insomma, conclude Mc Cabe, la lettura delle tesi di Roubini non deve causare "isterie o paranoie”, si tratta piuttosto di aspettarsi di più da chi ha ottenuto la nostra fiducia ed il nostro voto per risolvere i problemi.

IL DEBITO

“E’ veramente possibile immaginare che tutti i problemi, ciò che Roubini definisce mega minacce -  si realizzino allo stesso momento?”.  E’ il quesito che si pone Massimiliano Marzo, docente di Macroeconomia dell’Università di Bologna che ha conosciuto Roubini quando ancora insegnava a Yale. Pur condividendo l’attenzione rivolta all’allarme demografico, ai rischi rappresentati dall’aumento di potere della Cina “invadente e aggressiva” ed il mix di tutti i fattori analizzati da Roubini, Marzo evidenzia dei necessari distinguo, in particolare quando, dopo aver condiviso l’analisi della situazione, non condivide pienamente la previsione di come finirà. “Credo che il tema più rilevante tra quelli lanciati da Roubini sia quello del debito” ci spiega.  “Oggi la variabile debito mondiale (comprendente debito delle famiglie ed imprese, più il debito degli stati o debito pubblico), si assesta ad un livello circa quattro volte il pil globale”. 

Seguendo il suo ragionamento, il vero tema consisterebbe dunque nel come conciliare la riduzione del debito con il controllo del tasso di inflazione senza dimenticare che l’origine dell’inflazione in Europa è derivata essenzialmente alla scarsità nel reperimento delle materie prime, mentre in America è arrivata come conseguenza della forte ripresa dell’economia nel post-Covid. 

LE BANCHE CENTRALI

Marzo prosegue il ragionamento: “Se fino ad ora le banche centrali sono state costrette ad aumentare il tasso di interesse per pilotare le aspettative di mercato verso un livello più basso, vale la pena chiedersi come questa manovra sia compatibile con la gestione del debito pubblico a livello di ogni singolo stato”. “Se - chiarisce - i tassi di interesse superano una certa soglia, si pone a rischio la solvibilità dell’emittente in quanto gli oneri per il servizio del debito rischiano di essere insostenibili”. Da ciò consegue, dunque, che il sentiero delle banche centrali risulterebbe essere molto stretto: rialzare troppo i tassi implicherebbe un aggravamento della posizione degli stati e delle famiglie, con il rischio di indurre una recessione più pesante del necessario. Per contro, secondo l’economista, la situazione potrebbe essere gestita solo a fronte di un forte controllo da parte della spesa pubblica a livello di tutti gli stati; opportunità che non sembra facilmente attuabile proprio per le sfide di cui parla Roubini: a partire dalla pandemia (non ancora terminata), fino agli eventi bellici in atto, che spingono verso maggiori spese per il riarmo. 

LE ECONOMIE FINANZIARIZZATE

Se è poi vero che la crescita eccessiva della moneta è ‘una droga’, come diceva Friedman, resta anche il fatto che le banche centrali di tutto il mondo hanno già assorbito molta liquidità emessa nella fase della pandemia.  A questo, l’economista bolognese aggiunge che le condizioni macroeconomiche strutturali delle economie contemporanee sono radicalmente differenti dal mondo degli anni ’60; oggi sono molto più finanziarizzate, più interdipendenti e molto più regolamentate che nel passato.  Il senso di questo discorso è che difficilmente potremo immaginare un futuro con una logica di gestione della moneta simile a quella del periodo pre-Covid e pre guerra Russia-Ucraina.  Inoltre, sempre per rispondere a Friedman, ampiamente citato da Roubini, Marzo sottolinea come una gestione della moneta statica come quella definita dall’economista della scuola di Chicago, sia compatibile solo con un’economia “di stato stazionario”, ovvero non urtata da shock importanti.  Peccato che, nel giro degli ultimi due anni, le economie globali siano state colpite da shock paragonabili solo ad una guerra mondiale. Vale per la pandemia come per il conflitto Russia-Ucraina, “col rischio che questo stesso conflitto non diventasse una guerra mondiale”, chiude il ragionamento.  La conclusione è che la stabilizzazione di uno shock di questa portata richiede necessariamente un ruolo attivo della politica monetaria per evitare rischi di contagio per il sistema finanziario, quindi, secondo Marzo, in futuro vedremo necessariamente uno scollamento tra il tasso di interesse e la quantità di moneta: l’uno potrebbe non essere necessariamente in stretta dipendenza dall’altro.  

UNA RISTRUTTURAZIONE NECESSARIA

Ciò è ancor più vero se si pensa alla situazione della Ue: se il tasso di interesse sui titoli italiani crescesse troppo, l’Italia sarebbe a rischio fallimento.  “Nei fatti, ad oggi, la Bce sta sostenendo l’Italia proprio con acquisti importanti di titoli di stato”. Di fatto, il comportamento delle banche centrali sarebbe già in linea con l’obiettivo di procedere ad una riduzione del debito mantenendo il tasso di interesse nominale al di sotto del tasso di inflazione, così il debito reale si assorbe naturalmente. Allo stesso modo, però, secondo l’economista, sarebbe urgente una soluzione concertata relativamente allo stock di debito pubblico globale: “una sua ristrutturazione, un riscadenziamento è ormai urgente". Bene dunque avrebbe fatto Roubini a mettere in fila tutti i problemi che abbiamo di fronte oggi in una analisi realista, ma probabilmente rimane troppo pessimista nel ritenere che le contraddizioni si presentino tutte insieme. “Pensare che tali problemi saltino contemporaneamente è un po’ esagerato”, conclude Marzo. “Credo che oggi – a differenza di quanto accadde per la crisi finanziaria del 2008 – ci sia maggiore consapevolezza che sia necessario affrontare questi problemi in modo serio e coordinato”.  

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