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Venti di recessione? Per ora sicuramente non sarà stagflazione (Moneyfarm) / PAROLA AL MERCATO

Una nota positiva "potrebbe arrivare dalla riapertura dei più importanti hub economici cinesi"

Prosegue il clima di incertezza sui mercati e le previsioni macroeconomiche sono tutt’altro che rosee: gli economisti stanno rivedendo al ribasso le stime sulla crescita e al rialzo quelle sull’inflazione. A ciò si aggiunge il costo delle materie prime. Messo tutto insieme, "le famiglie sono destinate a perdere potere d’acquisto e a dover intaccare i propri risparmi per far fronte alle spese contingenti". Se sia o meno in arrivo una recessione, "occorre partire dal quadro macroeconomico, che nel mese di maggio ha continuato a stabilizzarsi al ribasso. La crescita del Pil è rimasta in terreno positivo, ma nel corso dell’anno è progressivamente scesa, anche a causa della crisi geopolitica e delle sue conseguenze economiche. Al contempo, però, l’inflazione è salita in modo costante, passando dal 3% al 6,4%. Stando ai numeri siamo dunque lontani dal pericolo della stagflazione (quando cioè la crescita economica diventa negativa), ma il contesto economico attuale rappresenta comunque una sfida" sottolinea Roberto Rossignoli, Portfolio Manager Moneyfarm.

"L’indice Ism manifatturiero, che misura il livello di fiducia del settore manifatturiero statunitense, è passato - fa notare - dai 55,4 di aprile agli attuali 56,1 punti, in crescita rispetto alle attese. Se si guardano, però, le componenti dell’indice, si nota come quella legata ai nuovi ordini sia salita da 53,5 a 55,1 punti, mentre quella legata all’occupazione sia scesa da 50,9 a 49,6 punti, un dato che potrebbe rappresentare il picco della curva. La disoccupazione è sì molto bassa, ma diversi indicatori suggeriscono che i consumatori americani hanno iniziato ad intaccare i propri risparmi ed a usare le carte di credito per continuare a far fronte alle spese, un chiaro segnale del fatto che gli aiuti fiscali varati dal governo USA per l’emergenza Covid stanno esaurendo i propri effetti. Come conseguenza, si registra un aumento della partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto per le classi a reddito più basso, che rende probabile un prossimo aumento del tasso di disoccupazione". Gli economisti "stimano al 30% la probabilità di recessione per gli Stati Uniti e l’Eurozona, dove il rischio principale resta il costo elevato di materie prime ed energia".

Una nota positiva "potrebbe arrivare dalla riapertura dei più importanti hub economici cinesi, che potrebbe far ripartire la catena di approvvigionamento globale e allentare gli attuali colli di bottiglia. La prosecuzione della Zero Covid Strategy cinese, con le relative restrizioni nelle aree di Shenzhen e Shanghai, sta avendo pesanti ripercussioni sul commercio internazionale, causando colli di bottiglia nella supply chain, proprio come era accaduto durante le prime fasi della pandemia. Da allora, nulla è stato fatto per favorire la diversificazione della supply chain e il re-shoring delle attività essenziali per la produzione. Lato Italia, gli ultimi dati statistici evidenziano come l’import di prodotti cinesi sia aumentato dai 2,9 miliardi di gennaio 2021 ai 4,7 miliardi di euro a gennaio 2022 (38 miliardi nell’intero 2021), segno di come la nostra dipendenza dalla Cina sia addirittura aumentata". Secondo gli analisti, "questa situazione è destinata a durare per tutto il 2022, con rischio di turbative nelle forniture dalla Cina nel breve periodo, che potrebbero venir meno nel 2023". 

Le incognite rimangono molte: i dati macroeconomici non forniscono segnali univoci e la spada di Damocle della politica monetaria continua a pendere sulle valutazioni azionarie e obbligazionarie. Riteniamo però che la domanda dei consumatori sia abbastanza resiliente, nonostante l’elevata inflazione, grazie anche ad un livello relativamente elevato di risparmi, destinati quindi ad una graduale riduzione.

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