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Kairos, "Italia vincente quando regnano investimenti pubblici". Con Pnrr "occasione di cambiamento epocale"

Il Piano nazionale di Ripresa e resilienza offre all'Italia la possibilità di un cambiamento epocale. Lo rende concreto e affrontabile per la prima volta da tanti anni. Ne sono convinti Alessandro Fugnoli, Strategist e Guido Brera, direttore Investimenti di Kairos. Che spiegano perchè. 

 

Brera, cita l'economista americano, già direttore del Consiglio Economico Nazionale dal 2009 al 2010, Larry Summers, che " in un suo recente paper di gennaio" ha indicato "una vera e propria rivoluzione, perché segna il passo dalle politiche di austerity, cosiddette politiche legate all'offerta che sono partite circa a metà degli anni Ottanta, a delle politiche più espansive, secondo l’approccio di Keynes, che prevedono un piano di interventi pubblici dello Stato. Come ci ricorda l’esperienza vissuta dal nostro Paese a cavallo tra le due guerre, l’Italia risulta vincente in un contesto in cui lo Stato è protagonista, dove gli investimenti pubblici regnano, dove c'è un’espansione del bilancio, cioè si va a deficit pur di cercare una crescita superiore ai tassi di interesse a cui ci si finanzia. Ricordiamo che l'Italia, anche come Borsa e come sistema, negli ultimi 25 anni è stata praticamente sempre in declino rispetto agli altri Paesi. Il cambiamento già epocale di per sé, sarà amplificato dal Recovery Plan o dal Piano di Ripresa e Resilienza".

Gli fa eco Fugnoli che, analizzando il Pnrr, mostra come "sono in totale 220 miliardi di euro, l’11% del Pil italiano, distribuiti nei prossimi 4 anni e di questi 220 miliardi, 30 miliardi li mette l'Italia come investimenti aggiuntivi rispetto ai programmi che aveva in precedenza, mentre 190 miliardi sono messi a disposizione dall'Europa". Va anche detto che "l'Europa non ci sta regalando dei soldi: di questi 190 miliardi, che sono i famosi 209 miliardi di cui abbiamo parlato tutto l'anno scorso - che non sono però una cifra rigida perché verrà rivista periodicamente a seconda dell'andamento dell’occupazione, dell’epidemia e di altri parametri - 120 miliardi sono rappresentati da una linea di credito per l'Italia che si è riservata la possibilità di non utilizzare nei prossimi anni qualora l'indebitamento diretto sul del mercato attraverso i BTP risultasse particolarmente conveniente. I restanti 70 miliardi ci vengono dati sotto forma di un sussidio, però anche qui non si tratta di un regalo puro e semplice perché l'Italia è un contributore netto dall'Unione, cioè dà più soldi all'Unione di quelli che riceve e quindi, così come la Thatcher a suo tempo negoziò con l'Unione la restituzione di quanto il Regno Unito aveva versato in più, così sarà anche per l'Italia, che in pratica riceverà indietro la quota versata in disavanzo all'Unione. Alla fine è chiaro che l'aiuto europeo è molto inferiore ai 200 miliardi di cui si parla".

Ma, "l’aspetto più importante e significativo è però legato al totale cambiamento di approccio dell’Europa nei confronti dell'Italia, perché si passa dalla linea di austerità mantenuta per tutto il  decennio scorso, a causa della quale il bilancio pubblico ha sacrificato gli investimenti pubblici per ottenere una diminuzione del disavanzo, ad una linea che oggi permette all'Italia di indebitarsi per fare investimenti pubblici". E questo " è un aspetto molto importante che porterà ad un aumento del livello di Pil del 3% alla fine dell'intera operazione. Questo può sembrare poco, ma è importante anche per la dinamica del rapporto tra debito e Pil". in sostanza, "questa volta nonostante investiamo di più, riusciremo a ridurre il rapporto debito/Pil vicino al 155% alla fine del ciclo". 

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