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Made in Italy, reshoring e sostenibilità gli asset su cui puntare per Pwc per rilanciare i consumi

Andreetta, consumi sempre più interni in un'ottica di solidarietà

Made in Italy, reshoring e sostenibilità gli asset su cui puntare èer rilanciare i consumi nel 2021, ma anche migliore accesso alla liquidità, attenzione a Millenials e Generazione Z, digitalizzazione, azioni sulle filiere. Questi gli ingredienti della ricetta per ripartire secondo PwC Italia che ha promosso il quinto digital eventi dal titolo 'Italia 2021–Competenze per riavviare il futuro'. In Europa, secondo la Global Consumer Insight Survey Pulse Survey 2020 di PwC, che ha coinvolto 4.500 consumatori in 9 Paesi (Italia, Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, UK, Svezia, Middle East e Cina) emerge un contesto a due velocità. Nei paesi del Nord i redditi delle famiglie sono stati meno colpiti (solo il 34% in Germania, 38% in Olanda) e i consumatori ridurranno le spese nei prossimi mesi (25% in Germania, 30% in Olanda).  Al contrario in Spagna e Italia circa il 60% ha subito una riduzione delle entrate. La spesa per grocery è aumentata per il 64% degli italiani (seguita dal 35% su spese Entertainment & Media e dal 27% su food delivery o pickup). Abbigliamento il più penalizzato in Italia (58% dei consumatori ha ridotto il budget).

"Negli scenari post Covid-19, ci attendiamo: lato consumi, sempre più acquisti made in Italy, in un’ottica di solidarietà collettiva, la preferenza per prodotti 'sicuri' oltre che gratificanti e un balzo in avanti decisivo per l’e-commerce, specie nell’e-grocery. Lato business, un incremento della collaborazione per far ripartire l’economia nel Paese. Made in Italy, reshoring e sostenibilità saranno gli elementi differenzianti” ha sottolineato Erika Andreetta, partner PwC Italia. 

Nel “new normal” le aziende consumer e retail avranno dunque 7 priorità. La prima riguarda le azioni di sistema sulle filiere Moda e Food. Nel Food le aziende hanno perso 3 anni di fatturato. L’intervento 'bonus filiera Italia' inserito nel dl Agosto per 600 milioni di euro è un buon esempio, ma servono anche il taglio di oneri fiscali e sociali. Per la moda si attende una contrazione del fatturato del -18,6% rispetto al 2019 (Prometeia e Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo). L’Italia, primo produttore di moda di lusso al mondo e nel tessile, abbigliamento e accessori in Europa (con il 41% della produzione), deve difendere il suo primato anche con misure straordinarie. Secondo fronte di intervento il supporto al made in Italy: il crollo dei consumi in Italia per il 2020 è stimato al -10,9% con 116 miliardi di euro persi, di cui 22,6 miliardi in Lombardia e serviranno cinque anni per tornare ai livelli di spesa del 2019 (Fonte: Confcommercio). L’Ocse stima per l’Italia una contrazione dell’export di beni e servizi tra il -14,4% e -17,8% nel 2020. A giugno è stato siglato un percorso strategico la ripresa del commercio internazionale che prevede una campagna di comunicazione internazionale a favore del made in Italy, lo sviluppo dell’ecommerce attraverso accordi con le piattaforme internazionali, una finanza potenziata e semplificata a vantaggio delle imprese. Terzo punto: digitalizzazione. Durante il lockdown èl'e-commerce è esploso nel retail food. La Gcis Pulse 2020 di PwC rivela che il 31% di italiani ha scelto il canale on-line per il grocery e l’85% di questi continuerà a usarlo. È auspicabile che vengano potenziate misure per favorire investimenti sul digitale ed e-commerce (es. deducibilità degli investimenti sul digitale ed e-commerce), oltre che misure per evitare situazioni di oligopoli.

E ancora, sostenibilità: il percorso verso il 2030 prevede catene del valore tracciabili, maggiori centralità e coinvolgimento del consumatore e un’ottima strategia comunicativa. È opportuno agevolare gli investimenti nell’economia circolare. Va in questa direzione il decreto attuativo del Mise di luglio che mette a disposizione 140 milioni di euro di agevolazioni per progetti di R&S ad elevato contenuto di innovazione tecnologica e sostenibilità. Poi, miglior accesso alla liquidità. Secondo Istat, oltre la metà delle imprese (51,5%, con un’occupazione pari al 37,8% del totale) prevede una mancanza di liquidità fino alla fine del 2020, con con rischi legati alla solvibilità nei confronti di dipendenti e fornitori. Il 42,6% di imprese italiane ha scelto di accendere un nuovo debito bancario. Più di 4 imprese su 10 hanno richiesto accesso alle misure di sostegno (rilevazione Istat tra l’8 e il 28 maggio). La frequenza di ricorso è più elevata per le imprese di dimensione minore (43% di microimprese) rispetto alle grandi (23,6%). L’attuale scenario economico suggerisce un rischio di insolvenze lungo le filiere, con un incremento della probabilità di default o ondate di acquisizioni. Sarebbe opportuno favorire l’accesso alla liquidità alle aziende, snellendo le procedure di emissioni di linee di credito e rafforzando fondi di garanzia che aiutino le banche a dilazionare le scadenze dei mutui e congelare gli interessi, oltre che accelerando i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni. Penultimo punto, Reshoring & Industry 4.0: in Italia, il tema del reshoring è molto sentito nella moda, con la necessità di avere una supply chain corta, ma soprattutto è percepita la leva strategica del made in Italy. Un’azienda su due sta accelerando i processi d’automazione e rendendo lo smart working una modalità permanente. Un primo passo è stato compiuto grazie ai finanziamenti previsti dal piano Industria 4.0, che sarebbe opportuno rilanciare e potenziare, insieme ad ulteriori incentivi che favoriscano l’innovazione e gli investimenti in R&S. Infine, attenzione alle nuove generazioni. Secondo una survey condotta da PwC nel 2019 su 2.069 giovani (Millennials e Gen Z), l’elevato tasso di disoccupazione giovanile in Italia, tra i più alti in Europa, sembra la ragione per cui volano all’estero per lavorare, anche se il 74% di loro preferirebbe trovare il prossimo lavoro in Italia (solo il 26% invece dichiara invece di volersi spostare all’estero). Per riequilibrare la domanda/offerta di competenze dei giovani sono necessari sforzi sia delle istituzioni che del privato per rendere il sistema d’istruzione e formazione più reattivo ai cambiamenti, per finanziare idee e progetti dei giovani e per i giovani, oltre che per riconoscere l’esigenza di includere una rappresentanza under 35 ai tavoli di decisione.

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