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Nel 2019 crescita debole in Italia, nel Nord Est Pil pro capite doppio rispetto al Mezzogiorno

Al Sud economia sommersa incide per il 18,8%

Il 2019 è stato caratterizzato da una crescita debole in tutte le aree del Paese. Lo evidenzia l'Istat nel report relativo alle crescite territoriali tra il 2017 e il 2019. In generale, lo scorso anno il Pil in volume è aumentato dello 0,3% in media, dello 0,5% nel Nord-est, dello 0,4% nel Nord-ovest, dello 0,3% nel Centro e dello 0,2% nel Mezzogiorno. Il Nord-ovest mantiene il primo posto nella graduatoria dei livelli di Pil pro capite, con un valore in termini nominali di circa 37mila euro, quasi il doppio di quello del Mezzogiorno, pari a poco più di 19mila euro annui. Le famiglie residenti nel Nord-ovest dispongono del livello di reddito disponibile per abitante più elevato (22,6mila euro), quasi il 60% in più di quelle del Mezzogiorno (14,2mila euro). E' nella provincia autonoma di Bolzano il Pil procapite più elevato: 48,1mila euro, seguita da seguita da Lombardia (39,7mila euro) e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (38,8mila euro). Con 34,2mila euro, Il Lazio risulta la prima regione del Centro in termini di Pil per abitante. Nel Mezzogiorno la prima regione è l’Abruzzo con 25,1mila euro, mentre l’ultimo posto della graduatoria è occupato dalla Calabria, con17,3mila euro.

A trainare il Nord-est, le costruzioni (+3,1% rispetto al 2018) e degli altri servizi (+1,7%). L’Agricoltura, invece, fa registrare la riduzione più marcata di tutto il territorio nazionale (-6,4%) a causa dei cattivi risultati di viticoltura e frutta. Nel Nord-ovest la crescita è stata rallentata dalla dinamica negativa dell’Industria (-0,6%), dell’Agricoltura (-2,6%) e degli Altri servizi (-0,3%), mentre il valore aggiunto delle Costruzioni è aumentato del 2,3%. La crescita al Centro ha visto aumenti più consistenti nel Commercio (+1,9%) e nelle Costruzioni (+1,2%); contrazioni si segnalano, invece, per Agricoltura (-2,5%), Industria (-1,1%) e Altri servizi (-0,6%). La crescita più lenta si registra nel Mezzogiorno, dove il Pil è aumentato dello 0,2% rispetto al 2018.

Alla crescita dell’attività produttiva si è accompagnato, nel 2019, un aumento in volume dei consumi finali delle famiglie dello 0,6% a livello nazionale. La spesa delle famiglie ha mostrato la dinamica più elevata al Centro (+0,8%) e quella più contenuta nel Mezzogiorno (+0,4%). Nel 2019 il reddito disponibile delle famiglie, cresciuto dell’1% a livello nazionale, mostra una dinamica superiore alla media al Sud (+1,5%), di poco inferiore nel Nord-est (+0,9%), nel Nord-Ovest e nel Centro (entrambe con +0,8%).

L’occupazione cresce al Nord-est, ristagna al Sud. A livello nazionale l’input di lavoro complessivo, misurato in termini di numero di occupati, è aumentato nel 2019 dello 0,5%. La crescita non è stata omogenea in tutte le ripartizioni. La tradizionale dicotomia tra Nord e Sud viene confermata da una crescita dell’occupazione sensibilmente al di sopra della media nazionale nel Nord, grazie principalmente al contributo del Nord-est. Il Centro e, soprattutto, il Mezzogiorno fanno registrare invece incrementi inferiori. Nel Nord-est gli occupati risultano in crescita dell’1,2% rispetto al 2018, essenzialmente grazie all’aumento dell’1,4% nei Servizi e dello 0,9% nelle Costruzioni, cui si contrappone una lieve diminuzione, pari a -0,2%, degli occupati in Agricoltura. Nel Nord-ovest la crescita dell’input di lavoro (+0,6%) è lievemente superiore alla media nazionale, per effetto di un incremento consistente del numero di occupati in Agricoltura (+3,4%) e di aumenti più contenuti nell’Industria (+0,8%) e nei Servizi (+0,5%), mentre le Costruzioni hanno fatto registrare una contrazione dello 0,4%. Al Centro l’occupazione nel 2019 è cresciuta dello 0,3%, sintesi di un aumento degli occupati nei Servizi (+0,5%) e di flessioni generalizzate in tutti gli altri settori produttivi. Infine, il complesso degli occupati nel Mezzogiorno è aumentato solo dello 0,1%, con una dinamica positiva solo per il settore dei Servizi (+0,3%); le Costruzioni registrano una flessione di quasi due punti percentuali e l’Industria (-0,3%) e l’Agricoltura (-0,1%) riduzioni contenute.

Sempre nel Mezzogiorno l’incidenza più elevata dell’economia non osservata Nel 2018, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni, l’economia non osservata (somma della componente sommersa e di quella illegale) rappresenta in Italia il 13,1% del valore aggiunto totale (l’incidenza sul Pil è pari all’11,9%): le componenti più rilevanti sono la rivalutazione della sottodichiarazione dei risultati economici delle imprese (5,9%) e l’impiego di lavoro irregolare (4,9%). L’economia illegale e le altre componenti minori (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) incidono per il restante 2,3%. L’incidenza dell’economia non osservata è molto alta nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 18,8% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (13,8%). Sensibilmente più contenuta, e inferiore alla media nazionale, è l’incidenza nel Nord-est (10,9%) e nel Nord-ovest (10,3%). 

 

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