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Dalla parte dei giornalisti, sempre

Come editore libero e indipendente, considero lo sciopero di oggi un atto necessario e giusto. Il giornalismo non è un costo da comprimere né una voce di bilancio da tagliare: è un presidio democratico, un servizio pubblico che garantisce ai cittadini il diritto di sapere, di capire, di formarsi un’opinione libera.

Da dieci anni i giornalisti italiani lavorano con un contratto scaduto, stipendi erosi dall’inflazione, organici ridotti e un crescente ricorso a collaboratori pagati pochi euro a pezzo. Tutto questo avviene in un Paese che, paradossalmente, continua a finanziare l’editoria con contributi pubblici, sotto svariate forme, significativi. È un modello che non sta più in piedi e che tradisce la funzione sociale dell’informazione.

Per questo oggi scelgo di essere al loro fianco. Perché non esiste un giornalismo libero senza condizioni di lavoro dignitose. Perché non esiste innovazione senza investire davvero nelle professionalità, nei giovani, nella tecnologia, nella qualità. Perché non si può chiedere credibilità a una categoria tenuta da anni in uno stato di sospensione e precarietà.

Sostenere questo sciopero significa difendere il diritto costituzionale all’informazione – l’articolo 21 – e affermare un’idea semplice: un Paese che tratta bene i suoi giornalisti è un Paese che rispetta i suoi cittadini. Oggi non parlo da editore soltanto Ma da cittadino che crede nel valore dell’informazione professionale. Ed è per questo che sto dalla parte dei giornalisti. 

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